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Videosorveglianza sportelli atm: linee guida e normativa privacy

Gli sportelli ATM sono da sempre oggetto di manipolazioni, tentativi di scassinamento, aggressioni e furti ai danni di chi preleva denaro contante.


I dati provvisori, forniti da OSSIF – Centro di Ricerca di ABI (Associazione Bancaria Italiana) sulla sicurezza anticrimine – e relativi ai primi undici mesi del 2019, rilevano una stabilità per le rapine in banca e un calo per gli attacchi agli sportelli ATM.

Nel dettaglio, nei primi undici mesi del 2019, le rapine sono state 245 contro le 248 dello stesso periodo dello scorso anno (-1,2%), mentre gli attacchi agli sportelli ATM sono stati 424, con un calo dell’11,1% rispetto ai 477 episodi dei primi undici mesi del 2018. Seppure tali dati vanno nella direzione del miglioramento, c’è ancora molto da fare. Le banche rappresentano da sempre un luogo a rischio dal punto di vista della sicurezza, bersaglio di fenomeni legati a rapine, effrazioni e atti vandalici che mettono in pericolo, oltre alle casse e ai caveau, anche i dipendenti e la clientela.

E in questo scenario, gli sportelli ATM (Automated Teller Machine, in Italia meglio conosciuti come “sportelli bancomat”) costituiscono un ulteriore nodo critico, oggetto di manipolazioni, tentativi di scassinamento, aggressioni e furti ai danni di chi preleva denaro contante. In tutto questo, però, le banche non sono lasciate sole: attraverso OSSIF, vengono supportate nella scelta delle soluzioni anticrimine più idonee, aderenti alla normativa vigente e alle diverse esperienze in ambito europeo e internazionale.

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Videosorveglianza sportelli ATM: quali telecamere adottare

Da diversi anni, il settore bancario italiano collabora con le Prefetture e le Forze dell’Ordine, con le quali ha sottoscritto un Protocollo di Intesa il cui focus è la prevenzione di rapine, furti, attacchi ai danni delle filiali e degli sportelli ATM.

Tale Protocollo prevede tutta una serie di misure di sicurezza, tra cui telecamere di videosorveglianza con una risoluzione elevata – in grado di riprodurre nitidamente anche i dettagli – all’esterno (in prossimità degli ingressi), all’interno dei locali della filiale (in prossimità delle casse e delle aree di attesa) e nell’area in cui si trovano gli sportelli ATM.

Più nello specifico, nelle aree in cui sono ubicati gli sportelli Bancomat, le telecamere vanno posizionate su entrambi i lati, per rilevare eventuali eventi criminosi ed esercitare una puntuale funzione deterrente.

Conservazione immagini videosorveglianza: che cosa prescrive alle banche il Garante Privacy

L’attuale normativa italiana in tema di videosorveglianza fa riferimento al Provvedimento del Garante della Privacy dell’8 aprile 2010, il cui punto 3.4 stabilisce la durata della conservazione delle immagini registrate, fissando il limite standard a 24 ore, eventualmente estendibili a 48. Ma non oltre. Soltanto per gli Istituti bancari e gli impianti di videosorveglianza con funzioni di pubblica sicurezza, il Garante della Privacy ha previsto una conservazione di 7 giorni.

Al termine dei periodi definiti, il Garante impone che tutti i dati video vengano cancellati automaticamente dallo stesso sistema di videosorveglianza oppure – laddove l’impianto video sia di vecchia generazione – manualmente.

Partendo dal concetto base che prolungamenti decisi liberamente, senza consultare il Garante, sono illegali e, dunque, punibili, per ogni esigenza di allungamento dei tempi di conservazione delle immagini oltre le 24/48 ore oppure oltre i 7 giorni, c’è l’obbligo di interpellare il Garante della Privacy mediante regolare richiesta.

Anche per quanto riguarda i contesti in cui il limite è di 7 giorni (le banche, per l’appunto), le richieste di estensione dei tempi di conservazione delle immagini devono fare riferimento a problematiche documentabili.

Ricevuta la richiesta, il Garante procede a una verifica preliminare, la cui durata prevede tempi piuttosto lunghi (fino a 180 giorni). Non viene applicata la regola del silenzio assenso: la richiesta si ritiene accettata solo se seguita da esplicita risposta positiva.

Qualora non vengano rispettati i tempi di conservazione imposti dal Provvedimento del Garante della Privacy del 2010 e, dunque, venga meno l’obbligo di cancellazione, viene applicata una sanzione amministrativa che va da 30.000 a 180.000 euro.

E per chi non fa regolare richiesta di allungamento dei tempi al Garante della Privacy, stabilendo in modo del tutto arbitrario nuovi tempi di conservazione, viene applicata una sanzione pecuniaria che va da 20.000 a 120.000 euro.

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