Installazione di telecamere di videosorveglianza all’interno degli uffici e, più in generale, nei luoghi di lavoro: è consentita? Da quando? E con quali finalità?
Installazione di telecamere di videosorveglianza all’interno degli uffici e, più in generale, nei luoghi di lavoro: è consentita? Da quando? E con quali finalità? Per rispondere, è d’obbligo una beve ricostruzione del puzzle normativo. Punto di partenza è lo Statuto dei Lavoratori che, dal 1970, regola la materia, anche se con opportune modifiche e riforme successive. Nello specifico, il suo articolo 4 è stato, per molto tempo, assai chiaro: tassativamente vietati gli “Impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo nei luoghi di lavoro”.
La prima svolta arriva nel 2015, con la riforma del Jobs Act che, agendo proprio sull’articolo 4 dello Statuto, ha fatto cadere il divieto assoluto di videocontrollo nei luoghi di lavoro, compresi gli uffici. Da quel momento, è stato possibile videosorvegliare tutti i contesti lavorativi. Ma a determinate condizioni.
Prima fra tutte, l’equilibrio tra esigenze di tipo organizzativo del datore di lavoro e dignità e diritto alla riservatezza dei lavoratori.Il secondo passaggio chiave è dato dalla circolare n. 5 del 19 febbraio 2018 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), che ha come oggetto “Indicazioni operative sull’installazione e utilizzazione di impianti audiovisivi e di altri strumenti di controllo ai sensi dell’art. 4 della legge n. 300/1970”.
La circolare n. 5/2018 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro
Con questo documento, vengono introdotte novità di rilievo. La prima riguarda l’autorizzazione, da parte dell’INL, all’installazione e all’utilizzo di sistemi di videosorveglianza nei siti lavorativi.
Autorizzazione che, a partire da questa circolare, non poggia più su una valutazione tecnica, né sul numero di telecamere installate, sulla loro esatta posizione o sulla planimetria degli uffici.
L’Ispettorato Nazionale del Lavoro, oggi, considera le motivazioni del datore: perché installare telecamere negli uffici, nei siti produttivi, magazzini e laddove si svolgono attività lavorative e sono presenti i dipendenti?
Quali ragioni legittimano il loro utilizzo? Sono tre le motivazioni contemplate dalla circolare, che prevedono esigenze organizzativo-produttive, la sicurezza sul lavoro e la tutela del patrimonio aziendale.
E anche i controlli ispettivi hanno come obiettivo quello di verificare che l’impianto video utilizzato sia conforme alle finalità rese esplicite dal datore di lavoro.
Possibilità di inquadrare i lavoratori e di visionare le immagini da remoto
Un’altra novità introdotta dalla circolare n. 5/2018 dell’INL riguarda la possibilità di inquadrare direttamente i lavoratori, senza la necessità di oscurarne il volto o di agire sull’angolo di ripresa della telecamera.
Devono, però, esistere precise ragioni alla base di tale scelta, correlate alla sicurezza sul lavoro o alla tutela del patrimonio aziendale.
E la stessa logica vale per la possibilità di visionare, da postazione remota, sia le immagini live che registrate. Senza, però, le motivazioni suddette, non è consentita.
Fondamentale, sempre, per utilizzare lecitamente gli strumenti di controllo, la corretta informazione data al lavoratore, il quale deve sempre avere chiare le finalità del sistema video al quale è sottoposto.
Anche il GDPR – General Data Protection Regulation, regolamento dell’UE in materia di trattamento dei dati personali e privacy, entrato in vigore il 25 maggio 2018 in tutta l’Unione, è molto chiaro su questo punto: il trattamento dei dati video nei luoghi di lavoro deve sempre essere autorizzato dal lavoratore.
L’interpello del 2019 emanato dal Ministero del Lavoro
La novità normativa che completa il puzzle, è il recente documento emanato l’8 maggio 2019 dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Cuore dell’interpello è la regola del “silenzio-assenso” nelle procedure di autorizzazione all’installazione di telecamere di videosorveglianza nei luoghi di lavoro, prevista dalla Legge n. 241/1990. Regola che considera sufficiente il silenzio da parte dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro, da interpretarsi, appunto, come autorizzazione implicita all’installazione.
Ebbene, il Ministero del Lavoro, specificando che, per installare lecitamente un sistema di videosorveglianza negli uffici e in tutti i siti lavorativi, è necessaria l’autorizzazione esplicita dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro, dà un giro di vite.
Le esigenze di sicurezza del datore di lavoro non possono in nessun modo ledere i diritti dei lavoratori. Negando la regola del silenzio-assenso, l’interpello 3/2019 mira a evitare che l’attività lavorativa venga controllata in modo ingiustificato, garantendo così la tutela del diritto alla privacy di tutti i dipendenti.