L’integrazione sempre più diffusa di sistemi audio e videosorveglianza accende il dibattito sulla liceità della registrazioni di conversazioni private.
In un tempo in cui è di moda l’assistente virtuale – alla quale parliamo e la quale, a sua volta ci risponde – anche i sistemi di sicurezza sono chiamati a evolvere, diventando strumenti altrettanto interattivi e intelligenti, al punto che la telecamera di videosorveglianza, da sola, non è più sufficiente a fungere da deterrente e a proteggere dal crimine l’area presidiata. Sempre più accompagnato da un sistema audio, oggi il sistema di videosorveglianza è in grado di anticipare per mezzo della voce, di “avvisare” che si è verificata una situazione anomala. L’obiettivo è emettere annunci con finalità di deterrenza, prevenendo situazioni di pericolo ai danni di luoghi, beni e persone.
Sistemi audio integrati ai sistemi di videosorveglianza: che cosa possono rilevare
Molti degli speaker che offre il mercato della sicurezza possiedono un microfono interno che, per ragioni di privacy, rimane però disabilitato. Solo nel momento in cui si rende necessaria una verifica audio, c’è la possibilità di mettere analitiche audio a bordo delle telecamere.
Ma queste, nel rispetto della privacy, possono riconoscere e identificare soltanto alcuni pattern sonori specifici – tra cui, ad esempio, urla, rumori di arma da fuoco, rumori di rottura vetri – e non il discorso parlato, non le conversazioni. Nessuna rilevazione di conversazioni, né alcuna registrazione, dunque. Tuttavia, questa funzione di audio analisi mette sul tavolo la delicata questione delle registrazioni di conversazioni per fini di documentazione personale, auto-difesa e per scopi giudiziari. Ma vediamo l’inquadramento normativo.
Sistemi audio e privacy: ecco quando le registrazioni audio di nascosto sono consentite
L’articolo 2712 del Codice Civile, l’articolo 234 del Codice di Procedura Penale e l’articolo. 24, comma 1, lettera f) del codice Privacy prevedono che una conversazione svoltasi tra soggetti privati rientri nel patrimonio di conoscenza di coloro i quali vi hanno preso parte. E, a meno che non subentri un divieto esplicito – il segreto d’ufficio, ad esempio – può essere registrata da uno o da tutti i partecipanti, senza l’esigenza di chiedere autorizzazioni a giudici, Pubblici Ministeri, Polizia o Carabinieri e senza addirittura avvisare gli altri presenti alla conversazione stessa.
Solo nel caso di intercettazioni ambientali, ad opera esclusiva della Polizia giudiziaria, è sempre necessaria l’autorizzazione del Magistrato. Ricordiamo, però, che un privato non può effettuare registrazioni audio di nascosto qualora non partecipi alla conversazione: affinché la registrazione sia lecita, quindi, deve essere presente in modo diretto. Né può registrare una conversazione nei luoghi di privata dimora di qualunque soggetto, ovvero la casa, l’ufficio personale non aperto al pubblico oppure l’auto. In tutti questi casi, si commette reato e si incorre in un’incriminazione penale (art. 615-bis del Codice penale, “Interferenze illecite nella vita privata”).
Sistemi audio e privacy: quando è possibile la diffusione delle registrazioni
Le registrazioni audio, se avvengono in modo lecito, possono essere diffuse a terzi se c’è il consenso degli interessati oppure se la diffusione avviene allo scopo di tutelare un proprio o un altrui diritto. In mancanza di tali presupposti, non è consentito dalla Legge diffondere o pubblicizzare le conversazioni registrate (articolo 167 del decreto Legislativo 196 del 2003 e sentenza della Cassazione n. 18908/2011), a meno che la registrazione non venga portata a conoscenza di un giudice, delle Forze dell’Ordine o di un pubblico ufficiale preposto alla tutela dei diritti dei cittadini.
Una registrazione avvenuta legittimamente può anche essere utilizzata in giudizio, come espresso dallo stesso codice della Privacy, il cui articolo l’art. 24, comma 1, lettera f), chiarisce che il trattamento dei dati personali (tra i quali rientrano le informazioni acquisite tramite immagini e voce) può prescindere dal consenso dell’interessato se la diffusione avviene per fare valere o per difendere un diritto in sede giudiziaria o per svolgere investigazioni difensive.
Sistemi audio e privacy nei luoghi di lavoro
Le registrazioni audio di conversazioni sul posto di lavoro da parte del dipendente, all’insaputa dei colleghi, non rappresentano una condotta punibile da sanzioni disciplinari se il lavoratore ha scelto tale modalità spinto da esigenze di tutela dei propri diritti (sentenza Corte di cassazione n. 11322/18).
In particolare, il dipendente può registrare conversazioni con il proprio datore di lavoro se questo è necessario a difendersi o a fare valere un proprio diritto. Considerato anche il fatto che i colleghi difficilmente si compromettono per difendere chi è oggetto di azioni non lecite o di ingiustizie da parte del datore.
Infine, se il dipendente ha agito per documentare una situazione conflittuale sul posto di lavoro, non è necessario il consenso dei lavoratori in quei casi in cui vengono registrate conversazioni che li vedono protagonisti.