San Francisco ha vietato l’utilizzo del riconoscimento facciale da parte della Polizia e delle agenzie di Governo. Qual è, invece, il quadro italiano?
San Francisco ha, di recente, vietato l’utilizzo del riconoscimento facciale da parte della Polizia e delle agenzie di Governo.
Negli USA si tratterebbe del primo provvedimento di questo tipo nei confronti di una tecnologia da sempre ritenuta prezioso strumento di supporto alle indagini e valido aiuto nell’arresto di persone ricercate dalle Forze dell’Ordine.
All’origine del divieto sembra esserci la necessità di difendere la privacy dei cittadini da quello che, probabilmente, è stato percepito come “abuso di sorveglianza”, oltre alla preoccupazione per eventuali inesattezze nel modo in cui gli algoritmi di video analisi identificano i volti delle persone di etnie diverse.
GDPR e provvedimento generale del 2010 del Garante
Al di là delle specificità proprie di un Paese diverso dal nostro, quanto accaduto nella città californiana riaccende i riflettori sul filo sottile che lega installazione di telecamere con video analisi a bordo e tutela della privacy.
Qual è il quadro italiano a riguardo? Federico Leone, esperto in materia di protezione dei dati personali e collaboratore nell’ambito della Cattedra di Filosofia del Diritto presso l’Università Cattolica di Piacenza su temi etici e GDPR, precisa che “… in materia di trattamento dei dati personali, il riferimento è il regolamento dell’Unione Europea, noto come GDPR – General Data Protection Regulation. Mentre, per quanto riguarda, nello specifico, la videosorveglianza, l’Italia si attiene al provvedimento generale del 2010 del Garante della Privacy”.
In linea con tali discipline, nel nostro Paese le telecamere con riconoscimento biometrico possono essere installate solo all’interno di determinati contesti definiti critici, in merito ai quali è d’obbligo chiedere un parere preliminare al Garante della Privacy, al quale spetta l’esame di ogni singolo caso. “Il Garante non consente l’utilizzo incondizionato di telecamere di questo tipo. Non possono essere usate ovunque, ma solo in alcune circostante e in quei contesti ritenuti a rischio per determinati motivi”.
Qualche esempio? Sono stati emessi provvedimenti che consentono l’utilizzo di telecamere con riconoscimento facciale in ambito sanitario, col fine di videosorvegliare gli accessi a reparti speciali dell’ospedale.
Altri siti particolari sono i laboratori orafi e quegli ambienti in cui sono presenti materiali pericolosi.
In questo momento – aggiunge l’esperto – il Parlamento italiano sta studiando un testo normativo che, se approvato, consentirà un minimo utilizzo di sistemi di videosorveglianza e biometria nella Pubblica Amministrazione.
Quali volti vengono tracciati?
Fondamentale, quando si parla di telecamere con software di riconoscimento facciale a bordo, è fare una distinzione tra le cosiddette “black list” e “white list”: se le telecamere in questione tracciano tutti i volti indistintamente, siamo di fronte a dispositivi video che lavorano sulla base di white list. E questo, dal punto di vista della privacy, pone molteplici interrogativi, prosegue Leone.
“Diversa cosa è, invece, la telecamera che lavora in base a una black list, ovvero a una lista di persone segnalate e ricercate per motivi di grave ordine pubblico o per crimini commessi. Lista che può essere solo nelle mani delle Forze dell’Ordine. Ma, va rimarcato, è sempre il Garante della Privacy che si esprime caso per caso”.